CONTROLLO EMISSIONI INCENERITORI E CEMENTIFICIO DI COLLEFERRO
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25 settembre 2011

Inceneritori: rischi sulla salute umana secondo Il prof. Ghirga, ISDE LAZIO

I politici dovrebbero tener conto l'enorme carico di malattie causato da sostanze chimiche emesse da inceneritori di rifiuti.


Caro Editore,
Ho letto con interesse l'articolo di Kim Y-M e al., "Peso delle malattie attribuibili agli inquinanti atmosferici da inceneritori di rifiuti solidi urbani a Seul, Corea: Un approccio specifico per carichi di malattie ambientali” (Kim et al., 2011).
 Le conclusioni degli autori sono che l'impatto degli inceneritori sulla salute dei cittadini sia piuttosto sostanziale, ma noi aregomentiamo che potrebbe essere peggiore se fossero considerate altre inportanti sorgenti di neurotossicità subclinica nei bambini data da piombo, cadmio, mercurio, antimonio, arsenico, cromo, cobalto, rame, manganese, nickel, vanadio, e stagno.
La pandemia silenziosa descritta da Grandjean e Landrigan in un recente articolo sta contunuando (Grandjean and Landrigan, 2006).
Essi mostrano prove accumulate su vari decenni che piombo, arsenico, mercurio e centinaia di altri residui industriali possono causare danni al neurosviluppo e che stadi subclinici di questi disordini possono essere comuni.
Il costo economico risultante da questi danni neurologici sono stimati per gli USA dai 110 ai 319 miliardi di dollari per i nati in ogni annata (Grosse et al., 2002). La maggior parte di tali costi riguardano la riduzione di intelligenza. Nondimeno, poiché la neurotossicità è subclinica, questi dati non appaiono dalle statistiche standard (pandemia silenziosa).
Un altra conseguenza importante da essere considerata sono gli effetti sulla salute da parte dei dusstruttori ormonali. Un crescente materiale probativo suggerisce che numerose sotanze, emesse anche dagli inceneritori, possono interferire con il sistema endocrino e produrre effetti nocivi sugli esseri umani, così come negli animali da laboratorio e in quelli selvatici. Per le proprietà comuni dei recettori e degli enzimi coinvolti nella sintesi, rilascio e eliminazione degli ormoni, nessun sistema endocrino è immune alle sostanze che distruggono gli ormoni. Gli effetti di tali sostanze possono essere trasmessi alle generazioni successive attraverso modifiche epigenetiche o per continua esposizione dei piccoli all'attacco ambientale. L'evidenza di conseguenze riproduttive (infertilità, cancri, malformazioni) dovute a esposizione a sostanze con effetti distruttivi è forte, ed è crescente per altri sistemi endocrini, incluso effetti sulla tiroide, il sistemo neuroendocrino, l'obesità, il metabolismo, e l'equilibiro fra insulina e glucosio (Diamanti-Kandarakis et al., 2009).

Il periodo dal concepimento alla nascita è un tempo di rapida crescita, duplicazione e differenziazione cellulare, e matirazione funzionale di sistemi di organi. Questi processi sono molto sensibili a alterazioni nell'ambiente intrauterino (Simmons, 2009). Per molte sostanze tossiche emesse dagli inceneritori, come l'arsenico, si stanno accumulando un gran numero di indagini che indicano che esse influiscono sullo stato epigenetico di cellule e tessuti (Reichard and Puga, 2010).

L'origine dello sviluppo di malattie negli adulti in meccanismi epigenetici è l'epicentro della Medicina Moderna (Feinberg, 2008). Nel vicino futuro è probabile che saranno sviluppate tecnologie che permetteranno studi epigenetici a vasto raggio sul genoma (Simmons, 2009).

In conclusione, l'emissione di metalli pesanti e di vari altre sostanze tossiche dovrebbe essere limitata anche se al momento per molte di esse il riconoscimento di un'associazione causa-effetto fra inquinamento atmosferico e neurotossicità subclinica, distruttori endocrini e danni epigenetici non può essere dimostrata. E' riconosciuto che le associazioni causa-effetto possono essere difficili da dimostrare perché le esposizioni variano col tempo, più di una sostanza può avere lo stesso effetto, la vulnerabilità individuale varia e altri fattori possono sviare gli studi epidemiologici.
I politici responsabili della valutazione e della gestione delle sorgenti di inquinamento atmosferico dovrebbero prendere in considerazione l'enorme fardello di malattie causate da sostanze tossiche emesse dagli inceneritori di rifiuti.



Bibliografia
Diamanti-Kandarakis E, Bourguignon JP, Giudice LC, Hauser R, Prins GS, Soto AM, et al. Endocrine-disrupting chemicals: an endocrine society scientific statement. Endocr Rev 2009;30(4):293–342.
Feinberg AP. Epigenetics, a field at the epicenter of modern medicine: epigenetics at the epicenter of modern medicine. JAMA 2008;299(11):1345–50.

Grandjean P, Landrigan PJ. Developmental neurotoxicity of industrial chemicals. Lancet 2006; 16 (368):2167–78.

Grosse SD, Matte TD, Schwartz J, Jackson RJ. Economic gains resulting from the reduction in children's exposure to lead in the United States. Environ Health Perspect 2002;110:563–9.

Kim JM, Kim JW, Lee HJ. Burden of disease attributable to air pollutants from municipal solid waste incinerators in Seoul, Korea: a source-specific approach for environmental burden of disease. Sci Total Environ 2011;409(11) (1 May):2019–28.

Reichard JF, Puga A. Effects of arsenic exposure on DNA methylation and epigenetic gene regulation. Epigenomics 2010;2(1):87–104. February 1.

Simmons Rebecca A. Developmental origins of adult disease. Pediatr Clin N Am 2009;56:449–66.



Giovanni Ghirga International Society of Doctors for Environment (Alto Lazio),
Via Adua 9C, Civitavecchia, Italy
E-mail address: giovanni.ghirga@fastwebnet.it
29 March 2011

24 giugno 2011

Anagni: manifestazione per dire no alla diossina

Partecipa anche tu alla manifestazione cittadina di protesta contro l'inceneritore di car fluff che la Marangoni - Maind vuole realizzare ad Anagni!





14 giugno 2011

Referendum: successo ad Anagni e Colleferro

Una vittoria grande, sinceramente inaspettata, tanto più che a Colleferro il quorum è ancora maggiore della media nazionale (61,6%)

Quorum lusinghiero per il no a nucleare, privatizzazione dell'acqua e "legittimo impedimento" ad esempio anche ad ad Anagni, con una percentuale di votanti tra il 59,19 e il 59,36%.

Pubblichiamo i risultati definitivi di tutti i seggi elettorali di Colleferro (passibili di piccoli errori).


11 giugno 2011

APPELLO ALLA PARTECIPAZIONE E AL VOTO



APPELLO ALLA PARTECIPAZIONE E AL VOTO

SÌ AI REFERENDUM DEL 12 E 13 GIUGNO



Il 12 e 13 Giugno si terranno i referendum che più di un milione di cittadini hanno sottoscritto per abrogare le leggi che, in particolare, vogliono la costruzione di nuove centrali nucleari e la privatizzazione delle aziende pubbliche dell’acqua.



La tragedia di Fukushima, dopo Cernobyl, ha evidenziato che il Piano Energetico Nucleare del Governo è pericoloso, per questo siamo nettamente contrari all’energia atomica a Montalto di Castro (Vt), Borgo Sabotino (Lt) o in qualsiasi altra parte d'Italia, evitando così anche gli enormi costi economici che ricadrebbero sui cittadini. Sosteniamo le energie rinnovabili, che unitamente al risparmio e all’efficienza energetica, sono la vera soluzione per creare sviluppo e crescita occupazionale diffusa e di qualità.



L’acqua è un bene comune, un bene essenziale, non una risorsa infinita: deve essere difesa e preservata nell’interesse di tutti e non può essere assoggettata al profitto di pochi. L’acqua ha un ruolo fondamentale per il nostro futuro, per il risanamento e la difesa dell’ambiente, per l'agricoltura e le attività produttive. La privatizzazione dei beni comuni ha prodotto soltanto impoverimento, dissesto del territorio, è già stata un fallimento e va fermata.



Per questo, e contro chi punta al non raggiungimento del quorum necessario per la validità (50% + 1 degli aventi diritto), il 12 e 13 giugno invitiamo tutti i nostri soci, volontari, lavoratori a VOTARE SÌ AI REFERENDUM e rivolgiamo un forte appello a tutte le donne e gli uomini che vivono e operano nella nostra regione per raggiungere il quorum previsto e vincere questi referendum.



VOTIAMO SÌ

AI REFERENDUM DEL 12 E 13 GIUGNO 2011



Primi firmatari

CGIL Roma e Lazio, ACU onlus Associazione consumatori utenti di Roma e Lazio, Alternativa Lazio, APAR - Associazione Pedagogica di Attività e Ricerca Progetti e formazione, Arci Servizio Civile Roma e Lazio, Arcipelago onlus, A SUD, AUSER Lazio, Cetri-Tires, Cittadinanzattiva Lazio, Comitato acqua bene comune di Marino, Comitato acqua bene comune dei Castelli, Diritti al Cuore onlus, Associazione Ecologisti Democratici Lazio, Emporio delle arti, Fare Verde Lazio, Forum Ambientalista Lazio, Istituto Nazionale Urbanistica Lazio, Associazione “ La Via del Fare”, Legambiente Lazio, MAREVIVO, Medici per l'Ambiente (Isde) Lazio, Osservatorio regionale trasporti ORT, Other Earth forum energia e ricerca, PAIR - Piccole Associazioni In Rete, Rete dei Cittadini, Rete della Conoscenza Lazio, Rete per la Tutela della Valle del Sacco RETUVASA, SVISES onlus - Sviluppo iniziative e servizi educativi sociali e sanitari onlus, Sbilanciamoci, Ass. Verdi Ambiente e Società - VAS Onlus.

8 giugno 2011

Cosa si brucia negli inceneritori italiani?

Pubblichiamo un interessante articolo di wired che fotografa il "parco" inceneritori italiano.

Buona lettura.

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Cosa si brucia negli inceneritori italiani?


Percepivano milioni di euro di incentivi per la produzione di energia pulita, poi però nell'inceneritore ci finiva di tutto, compresi rifiuti marcati come speciali pericolosi. Il giro di tangenti che ha fatto finire agli arresti domiciliari Angelo Dario Scotti e altri, tra cui alcuni funzionari del Gestore servizi energetici, riporta sulle prime pagine dei giornali le problematiche legate agli inceneritori e al loro discusso utilizzo per lo smaltimento dei rifiuti speciali.

Abbiamo colto l’occasione per andare ad analizzare la situazione degli inceneritori sul suolo italico, partendo dalla loro distribuzione regionale, fino ad arrivare ai problemi legati alle ecomafie e ai contaminanti rilasciati nell’atmosfera.

Rifiuti in Italia: tipologie e smaltimento
La produzione di rifiuti urbani in Italia orbita intorno ai 32 milioni di tonnellate l’anno (dati Ispra), ripartite in modo tutt’altro che equo fra le vari regioni italiane (15 milioni al Nord, 7 al Centro e 10 al Sud). Si tratta di quei rifiuti prodotti dalle abitazioni urbane, dalla pulitura delle strade e dal trattamento della vegetazione pubblica, in ogni caso, si tratta di rifiuti non classificati come pericolosi. Di questi, almeno l’11% è destinato a essere bruciato negli inceneritori.

La produzione di rifiuti speciali invece sfiora i 140 milioni di tonnellate all’anno (dati Ispra). Gran parte di questi sono rifiuti derivanti dall’edilizia e dall’industria agroalimentare. Di questi, solo lo 0,8% finisce in un inceneritore. Esiste però una frazione di rifiuti speciali, pari a 11,3 milioni di tonnellate, che vengono classificati come pericolosi, in massima parte derivanti dall’industria chimica e metallurgica (ma comprendente anche i rifiuti urbani pericolosi). Tra questi, la percentuale di smaltimento tramite incenerimento sale al 3,8%.

Inceneritori in Italia: dove e quanti?
A oggi, sul suolo Italiano si contano 51 inceneritori così ripartiti: Lombardia (12), Emilia-Romagna (8), Toscana (8), Veneto (4), Lazio (4), Piemonte (2), Puglia (2), Basilicata (2), Sardegna (2), Calabria (1), Sicilia (1), Campania (1), Marche (1), Umbria (1), Friuli-Venezia Giulia (1) e Trentino-Alto Adige (1). Si tratta per la maggior parte di inceneritori a griglie, tra i quali, per capacità di smaltimento, spiccano quello di Trezzo sull’Adda e quello di Brescia. Quest’ultimo, con le sue 750.mila tonnellate di rifiuti smaltiti ogni anno, è stato riconosciuto dal Waste-To-Energy Research and Technology Council ( Wtert) come “ il migliore del mondo” (nonostante ciò, è stato protagonista di due violazioni delle direttive europee, sfociate poi in una condanna).

Va notato inoltre che, su 51 impianti presenti sul suolo italiano: 2 non prevedono alcun recupero energetico dall’incenerimento (Messina e Rufina), 2 non sono più operativi (Vercelli e Statte), e uno (quello di Mergozzo) potrebbe presto chiudere i battenti.

A questi se ne aggiungono 5 (Malagrotta, Colleferro, Gioia Tauro, Pietrasanta e Terni) che sono stati negli ultimi anni posti sotto sequestro a causa di illeciti nella gestione.

Il business criminale dietro la termovalorizzazione
Se il dottor Scotti oggi è agli arresti domiciliari, è perché nel suo impianto di smaltimento, che lo Stato incentivava affinché producesse energia dall’incenerimento delle biomasse (nello specifico: la lolla, sottoprodotto della lavorazione del riso), a quanto pare sarebbero stati bruciati anche altri rifiuti, tra cui l’inquinantissima plastica. Stando ai calcoli del Corpo Forestale, la lolla rappresenterebbe solo il 10% di quanto veniva bruciato presso la centrale a biomasse di Pavia, il resto sarebbe stato costituito da legname (20%) e plastica (70%).

Ma il caso dell’inceneritore a biomasse di Pavia è solo l’ultimo di una lunga serie. Oltre ai sequestri ai danni di altre centrali a biomasse, le recenti indagini su impianti come quello di Colleferro testimoniano come quello dei rifiuti e del loro smaltimento sia ormai un business che fa gola a molti, senza escludere la malavita organizzata. Un business che, stando all’ultimo rapporto Legambiente sulle Ecomafie, rappresenterebbe il 41% di un giro di affari illeciti che ha ormai superato quota 20 miliardi di euro, e che va a pesare, oltre che sulle casse dello Stato, sulla salute dei suoi cittadini.

Inceneritori e salute: il pericolo diossina
Nel 2004, 120 paesi (tra cui il nostro) hanno sottoscritto un accordo, conosciuto come Convenzione di Stoccolma, con il quale si impegnano a limitare la produzione, intenzionale e non, di contaminanti organici persistenti (Pop). Tra i contaminanti direttamente imputabili all’attività degli inceneritori (furani, metalli pesanti etc...), uno dei più pericolosi (e noti) è la diossina. Le diossine si formano in particolari condizioni di temperatura in presenza di cloro. Ogni processo di combustione, in particolare di plastiche, porta alla loro formazione, e sono presenti nei fumi e nelle ceneri degli inceneritori. L’esposizione alle tossine è correlata allo sviluppo di tumori”, sostiene Patrizia Gentilini, Presidente Associazione Medici per l'Ambiente Isde Forlì: “ Dagli studi risulta che in Italia un lattante di 5 kg assume diossine da alcune decine fino a centinaia di volte superiori al limite massimo dell'UE”.

Uno studio condotto in Italia e pubblicato nel 2007 su Environmental Health ha in effetti attestato che, tra chi ha vissuto nel periodo compreso tra il 1960 e il 1996 nelle vicinanze di un inceneritore, il rischio di sarcoma è superiore di 3,3 volte alla norma. Va inoltre considerato che gli inceneritori rilasciano diossina nell’ambiente anche attraverso le scorie e i residui liquidi del filtraggio dei fumi, andando così a inquinare le acque e il suolo. E il rischio maggiore, in questo caso, è che la diossina passi nella catena alimentare. 


 

5 maggio 2011

Diossina a Forlì - ISDE Italia risponde all'ing. Galli

Gentile Direttore,
dopo la comunicazione del ritrovamento di diossine in quantità oltre i limiti in polli, uova e latte materno in aree circostanti i due inceneritori di Forlì, si è acceso un vivace dibattito e sono comparse sulla stampa rassicurazioni, fornite in particolare dall’ing. Galli, circa l’impianto per rifiuti di HERA. In particolare è stato riportato che esiste un sistema di  campionatura in continuo per le diossine - come di altri microinquinanti -  nei fumi dell’inceneritore di Hera e che le emissioni per le diossine sono un centesimo dei limiti di legge ( ovvero 0,003 nanogrammi/Nm3 rispetto ad un limite di 0,1). Tutti sanno ormai che le diossine sono sostanze estremamente tossiche, persistenti, che comportano complessi danni alla salute umana sia per rischio tumorale ( la diossina di Seveso è classificata come cancerogeno certo per l’uomo) sia per danni alla tiroide, disordini riproduttivi, danni metabolici ecc. Non per nulla queste sostanze sono state incluse nell’elenco 12 POP’s ( Persistent Organic Pollutant’s) messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma del 2004 perchè, una volta prodotte ed immesse nell’ambiente, esse vi rimangono, diffondendosi ed accumulandosi in particolar modo nella catena alimentare. Bene, ecco quindi in dettaglio le precisazioni che ISDE Forlì desidera fare in relazione alle dichiarazioni dell’ing. Galli:
-          L’AIA ( Autorizzazione Integrata Ambientale) concessa all’inceneritore di Forlì stabilisce – per le emissioni di diossine - il limite di 0,05 ng/Nm3 per i singoli controlli, ed impone in aggiunta che la media dei valori annuali non superi gli 0,01 ng/Nm3. I valori delle emissioni devono pertanto essere confrontati con i limiti imposti all’impianto dall’AIA e non con quelli della legge nazionale.
-           Facendo il confronto con questo criterio il valore di 0,003 ng/Nm3 citato dall’Ing. Galli – se si riferisce alla media dei valori annui - rappresenta circa 1/3 del limite imposto dall’AIA e non certo un centesimo!
-          Le uniche informazioni   che siamo riusciti a trovare sul sito di HERA sono quelle relative ai macroinquinanti; non siamo invece riusciti a reperire i dati relativi al monitoraggio delle diossine.
-          Abbiamo viceversa, regolarmente richiesto ed ottenuto presso l’Amministrazione Provinciale il rapporto annuale 2010, relativo al 2009, per l’inceneritore di HERA a Forlì. In tale rapporto  non si fa menzione di alcun sistema di monitoraggio in continuo delle diossine; è bene comunque sapere che non esistono sistemi di monitoraggio in continuo per tali sostanze e che quelli che vengono chiamati in tal modo non consentono affatto di fornire dati in tempo reale.
-          Per le diossine esistono dispositivi con cui è possibile effettuare un campionamento su periodi relativamente lunghi, in modo da avere il valore medio delle emissioni su un arco temporale più ampio rispetto agli usuali controlli stabiliti per legge, che prevedono campionamenti della durata di 8 ore effettuati 2-3 volte all’anno. Anche per questi dispositivi le analisi non possono tuttavia essere istantanee e pertanto i risultati sono disponibili solo dopo molti giorni o settimane. Sarebbe bene pertanto di fornire ai cittadini informazioni fuorvianti.
-          Facendo riferimento ai dati relativi al 2009, contenuti nel rapporto annuale 2010, per le diossine emesse dall’inceneritore di HERA emerge un valore medio annuo di 0,0066 ng/Nm3abbastanza prossimo al limite imposto dall’ AIA ( 0, 01).
-          Abbiamo voluto capire meglio ed abbiamo fatto un pò di conti: dai dati disponibili nel rapporto 2010  si può effettuare una stima dei fumi emessi nel corso del 2009 e da essi risalire alle diossine in essi contenute: per l’inceneritore di HERA abbiamo stimato un’emissione di circa 850 milioni di Nm3 di fumi e, con la concentrazione dichiarata di diossine di 0,0066 ng/Nm3, una quantità di diossine emesse in atmosfera pari a 5.600.000 ng in tossicità equivalente, ovvero la dose massima tollerabile annua per 517.000 bambini del peso di 15 kg  o per  110.000 persone adulte di 70 kg di peso ciascuna.
-          Quindi, l’inceneritore di HERA – da solo - ha emesso nel 2009 la dose massima tollerabile per l’intera popolazione forlivese!
-          Sappiamo bene che la diossina ha tempi di dimezzamento anche di 100 anni nel sottosuolo e dai 7 ai 10 anni nel corpo umano e quindi tutta questa diossina è andata a sommarsi con quella emessa nei decenni precedenti ed ovviamente con quella prodotta indubbiamente anche da altre sorgenti.
-          Ma c’è di più....le diossine emesse in atmosfera sono solo una infima parte delle diossine complessivamente prodotte dall’inceneritore:  quelle che non sono uscite dal camino, si ritrovano nelle ceneri e nei residui di trattamento dei fumi, che a loro volta costituiscono rifiuti – altamente tossici - da smaltire.
-          Dal rapporto citato emerge che nel 2009 sono state prodotte 30.000 tonnellate fra  ceneri, scorie e residui di trattamento, contenenti in totale un miliardo e cinquecento milioni di nanogrammi di diossine (1,5 grammi),  ovvero  la dose massima tollerabile annua per 29.400.000 persone adulte, un numero pari a 6,7 volte la popolazione dell’intera nostra regione ed a quasi la metà della popolazione italiana!  Ed i conteggi di cui sopra riguardano solo uno dei due inceneritori  della nostra città!
-          Dove va a finire tutta questa diossina? Nel rapporto 2010 nulla è detto a tal proposito.
-          E’ evidente che la gestione di quantità così ingenti di sostanze tanto pericolose per la salute costituisce un immane problema sotto il profilo dello stoccaggio, trasporto, inertizzazione e smaltimento definitivo in sicurezza. Quanta diossina durante i vari passaggi rischia di disperdersi e contaminare l’ambiente? Anche piccolissime dispersioni rappresenterebbero infatti un serio pericolo per le popolazioni.
-          Inoltre, dall’esame della relazione tecnica relativa ai 4 mesi di funzionamento dell’inceneritore HERA nel 2008, ci siamo accorti che a fronte di un quantitativo di rifiuti trattati pari a circa il 40% di quelli del 2009, si è avuta una produzione di residui di trattamento fumi (codice CER 190105) addirittura superiore a quella del 2009 (121%), nonostante che nel 2008 sia stata usata una quantità di reagenti per tonnellata di rifiuti inferiore al 2009. Vorremmo capire il motivo della disparità di produzione di residui del trattamento fumi tra i due anni e, soprattutto, quanta diossina contenevano.
-           
Caro Direttore e Cari Cittadini Forlivesi, vorremmo fosse chiaro che tutto quanto abbiamo sopra scritto si riferisce al solo inceneritore di rifiuti di HERA ed  al più  presto faremo questi conteggi anche per l’inceneritore privato di rifiuti ospedalieri Mengozzi.
Fra l’altro il 29 aprile abbiamo avuto il piacere di assistere al Palazzo Albertini alla conferenza di Michele Boato, dell’Ecoistituto del Veneto, che, dati alla mano, ha dimostrato che facendo la giusta filiera della gestione sia dei rifiuti urbani che di quelli  speciali ( industriali, artigianali ecc) il rapporto occupazionale è di 1000:1, oltretutto con un risparmio  energetico indiscutibile e con inquinamento praticamente zero.

Capite perchè a suo tempo il Prof Lorenzo Tomatis definì l’incenerimento dei rifiuti “una follia” ed il Prof. Dominique Belpomme (Oncologo francese, Presidente dell’Associazione per la Ricerca e Terapia contro il cancro ARTAC) il 22 settembre scorso a Parma addirittura “un crimine contro l’umanità”? 
Questi illustri scienziati non sono certo “pericolosi allarmisti”!

ISDE Forlì
Dott.ssa Patrizia Gentilini Presidente
Dott. Giuseppe Timoncini Vice Presidente
Dott. Ruggero Ridolfi Segretario                                                                  Forlì 4 maggio 2011

24 aprile 2011

Diossina a Forlì: Isde Italia risponde al CS della USL e ARPA locali

COMUNICATO STAMPA

In relazione al comunicato congiunto AUSL ed ARPA ieri diffuso circa la ricerca di diossine in alimenti promossa dall’ISDE, apprezziamo innanzi tutto che la pur limitata indagine da noi condotta sia stata considerata uno stimolo per ulteriori approfondimenti, come viene affermato nelle conclusioni del comunicato stesso.
Non abbiamo mai pensato di sostituirci alle Istituzioni preposte alla tutela della salute umana e dell’ambiente: con la nostra indagine abbiamo voluto piuttosto  sollecitare l’estensione della ricerca delle diossine alle  matrici biologiche (accumulatori per eccellenza di tali sostanze) esposte alla ricaduta delle emissioni  di impianti che ne sono una sorgente indiscutibile, ovvero i due inceneritori di Forlì in funzione da circa 40 anni.
Ricordiamo che l’area circostante i due impianti - per un raggio di 3,5 km - è stata oggetto di uno studio epidemiologico condotto per esposizione a metalli pesanti (presi come marker delle emissioni degli inceneritori)  da cui sono emersi  rilevanti rischi per la salute umana  crescenti con i livelli di esposizione stimati sulla base di un modello di ricaduta.
Non va dimenticato che fu  proprio sulla base di questi risultati che la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici dell’Emilia Romagna nel 2007 chiese una moratoria su nuovi insediamenti o  ampliamenti di inceneritori e che la Regione Emilia Romagna dette avvio allo studio Moniter.
Sicuramente – come affermato nel comunicato di ARPA ed AUSL – la presenza di contaminanti persistenti e pericolosi quali le diossine, è da far risalire ad emissioni che si sono accumulate nel tempo in un territorio in cui gli inceneritori ne hanno rappresentato una fonte indiscutibile: non risultano infatti presenti altri insediamenti industriali di particolare rilievo  per quanto riguarda le emissioni di tali sostanze.
I risultati da noi ottenuti, pur essendo certamente limitati, sono a nostro avviso indicativi  in quanto coerenti con il modello di ricaduta delle emissioni utilizzato per lo studio epidemiologico più sopra citato. Essi  sembrerebbero  rendere ragione della prescrizione a suo tempo data dal Dipartimento di Prevenzione dell’ AUSL di Forlì  nel corso della   procedura autorizzativa per il raddoppio dell’inceneritore di rifiuti urbani: l’ampliamento da 60.000 a 120.000 tonnellate poteva avere luogo se il flusso di massa degli inquinanti emessi fosse rimasto invariato, dal momento che il territorio risultava già sottoposto a pesante contaminazione ambientale e non poteva quindi sopportare ulteriori aggravi.
Non venendo garantito il rispetto di questa prescrizione, essa fu superata con l’innalzamento del camino e l’aumento della velocità di espulsione dei fumi al fine di diminuire le concentrazioni degli inquinanti al suolo. Non ci sembra che un simile  accorgimento possa essere considerato adeguato per  la tutela della salute, specie se ci troviamo all’interno della Pianura Padana ( uno dei territori più inquinati del Pianeta, ma anche a spiccata vocazione agricola) in cui il ristagno dell’aria è costante; è ovvio che così facendo ci si  limita  a distribuire le sostanze tossiche su una superficie più ampia e si aumenta il numero dei soggetti esposti a contaminazione alimentare.
Se il territorio circostante gli impianti è veramente contaminato da diossine in misura tale da compromettere la sicurezza di prodotti alimentare locali - come suggeriscono i risultati delle nostre analisi – come è ammissibile che si possano ritenere ininfluenti le ulteriori emissioni che provengono da impianti evitabili quali gli inceneritori?


Venendo poi alle rassicurazioni fornite, saremmo più tranquilli se  AUSL ed ARPA fornissero esaurienti risposte ai seguenti quesiti:

1)      Quanti dei  24 campioni analizzati nel biennio 2009-2011 riguardavano animali allevati all’aperto e alimentati con mangimi di provenienza locale?
2)      Fra questi ultimi, quanti erano allevati entro l’area di 3,5 km di raggio intorno agli inceneritori di Forlì  e come erano collocati rispetto alla mappa di dispersione utilizzata nello studio epidemiologico sopra citato?
3)      Le 8 analisi effettuate nel 2011 sono esaustive di tutti i controlli eseguiti nel corso di questo anno?
4)      Visto che si afferma che i prelievi sono stati effettuati fra 3 ed 8 km dagli impianti, quanti sono e come sono georeferenziati rispetto alla mappa di ricaduta quelli compresi fra i 3 ed i 3,5 km? Anche le nostre uova a 3,8 km, direzione sud-sud est, sono risultate nei limiti di legge!
5)      Sono stati previsti campioni a distanza più ravvicinata rispetto  agli inceneritori e soprattutto collocati nel livello di massima esposizione individuato secondo la mappa di ricaduta utilizzata nello studio di cui sopra?

Inoltre, per quanto riguarda tanto  le analisi a camino quanto quelle nel punto di massima ricaduta al suolo effettuate da ARPA, vorremmo sapere quale è la strumentazione utilizzata e con quale accreditamento,  dal momento che ricordiamo le dichiarazioni pubblicate sulla stampa dell’allora direttore dell’ARPA di Forlì , Dott. Franco Scarponi, che molto candidamente ammetteva che ARPA non era in grado di effettuare analisi per le diossine.
Cosa è  cambiato rispetto ad allora?

Vorremmo infine richiamare che il Servizio Sanitario Nazionale  ha fra le proprie  finalità, come  risulta dall’art.2 della sua legge istitutiva:“... la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro; ....la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro".
Pertanto la “sorveglianza della salute” rappresenta   solo una parte del mandato istituzionale dell’ AUSL e  dovrebbe essere esercitata nell’ottica della prevenzione delle malattie,  in primo luogo con la Prevenzione Primaria, ovvero con  la riduzione dell’esposizione delle persone agli agenti nocivi, specie se provenienti da attività concretamente evitabili come l’incenerimento dei rifiuti.
Auspichiamo  che dalle indicazioni emerse anche grazie alle nostre indagini, prenda  avvio  un approfondimento ancora più puntuale circa la presenza di contaminanti nelle matrici biologiche, incluso il latte materno -  indicatore ideale dell’ inquinamento  - e degli effetti che tutto questo comporta sulla salute in particolare dell’infanzia.
Riteniamo  indifferibile l’esigenza di passare dalla parole ai fatti riducendo l’esposizione della  nostra popolazione ad inquinanti pericolosi e persistenti, provenienti da impianti del tutto superflui come gli inceneritori.

ISDE Forlì
Forlì 23 Aprile 2011

Diossina a Forli: risponde l'Arpa e la Usl locali

Agli organi d’informazione

Prot. N.073 MD/2011

Forlì, 22/04/2011

COMUNICATO STAMPA ARPA-AUSL FORLI’

Arpa e Ausl Forlì: i livelli di diossina analizzati nell’ambiente e negli alimenti forlivesi – sia
con le attività istituzionali sia tramite i progetti specifici come Moniter - rientrano ampiamente
all’interno dei limiti normativi previsti. Si conferma l’impegno per ulteriori approfondimenti a
tutela dell’ambiente e della salute.

L’indagine condotta da ISDE per la ricerca di diossine in matrici alimentari (polli, uova, latte
materno) in zone del territorio forlivese collocate in prossimità degli inceneritori ha destato
comprensibilmente l’attenzione e la preoccupazione dei media e dell’opinione pubblica.
Arpa a Ausl di Forlì ritengono indispensabile sintetizzare le conoscenze prodotte nell’ambito delle
rispettive attività, peraltro già pubbliche, e condividere alcune riflessioni in merito.

La problematica diossina, in ambito scientifico ben dibattuta, è all’attenzione da tempo delle
istituzioni che si occupano di ambiente e salute. E’ infatti dal territorio forlivese che è partito il
primo studio regionale di sorveglianza dello stato di salute della popolazione esposta ad inceneritori,
evolutosi poi nello studio regionale Moniter: già in questo primo studio sono stati analizzati
campioni di terreno prelevati nei punti di minima e massima ricaduta i cui valori, per quanto
riguarda diossine e sostanze simili, sono risultati analoghi a quelli riscontrati in terreni di aree rurali
in diversi paesi europei.
L'attività di controllo sui fumi al camino dell’inceneritore di rifiuti urbani, regolarmente svolta
da Arpa di Forlì-Cesena secondo le prescrizioni dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA),
non ha evidenziato, per quanto riguarda diossine e furani, superamenti dei limiti previsti in
autorizzazione (più bassi di quelli stabiliti dalle normative vigenti). In particolare i controlli hanno
evidenziato valori compresi fra 0,002 e 0,003 nanogrammi al metro cubo (circa quaranta volte
sotto il limite di legge). Analogamente per l'inceneritore per rifiuti sanitari di Mengozzi, non si
evidenziano superamenti dei limiti autorizzati a camino; nel 2010 il dato relativo alle diossine è di
0,0023 nanogrammi al metro cubo (ancora circa quaranta volte meno del limite di legge). Sulla base
dell'autorizzazione all'esercizio dei due inceneritori, Arpa svolge anche il monitoraggio della qualità
dell'aria nel punto di massima ricaduta al suolo. I valori di diossine riscontrati in queste analisi
sono dello stesso ordine di grandezza di quelli rilevati dalla stessa Arpa in altre aree del territorio
forlivese, non prossime agli inceneritori.
Il progetto Moniter ha confermato, attraverso le analisi delle emissioni, come le modifiche
impiantistiche che hanno interessato negli ultimi anni gli inceneritori di rifiuti urbani abbiano ridotto
enormemente le emissioni di diossine e furani nell’ambiente. Data la persistenza nell’ambiente di
queste sostanze, la loro eventuale presenza nel terreno e quindi nella catena alimentare va quindi
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ricondotta a inceneritori nelle configurazioni impiantistiche del passato oppure ad altre sorgenti.

Per quanto riguarda l’esposizione per via alimentare, il controllo di residui di diossine e PCB è
garantito nell’ambito del “Piano nazionale residui” che monitora, per la tutela del consumatore, la
presenza degli inquinanti ambientali nelle produzioni animali; gli allevamenti su ampia scala sono
peraltro controllati anche sotto il profilo dell’alimentazione animale.
Da anni la Regione Emilia-Romagna integra il Piano nazionale con un Piano regionale finalizzato
al controllo dei residui nelle produzioni tipiche regionali. Dal 2007 particolare attenzione è stata
posta a diossine e PCB (policlorobifenili) e altri microinquinanti organici persistenti. I campioni
analizzati riguardano prodotti alimentari presenti in commercio ma anche campioni di alimenti
destinati all’autoconsumo, analizzando uova e carni provenienti da piccoli allevamenti rurali.
Complessivamente, nel biennio 2009-2010, nel forlivese, sono stati analizzati 24 campioni di
varie matrici (uova, carne di pollame, carne bovina e suina, latte bovino e olio). Tutti gli esiti
analitici sono stati negativi eccetto un campione di uova destinato all’autoconsumo prodotto
in un allevamento familiare poi riconosciuto come non correttamente gestito. Il Piano 2011 ha
incrementato i campioni in allevamenti rurali: ad oggi sono disponibili i risultati di 8 analisi, tutte
negative, e riguardanti campioni prelevati a una distanza variabile da 3 a 8 km dagli inceneritori di
Forlì.

Il monitoraggio ambientale e la sorveglianza della salute restano un impegno costante delle
Istituzioni che raccolgono e valutano anche sollecitazioni, come quella dell’indagine ISDE,
che - pure nella limitatezza del numero dei campioni raccolti – suggerisce spunti per ulteriori
approfondimenti.

Arpa e Ausl di Forlì