E' questa la richiesta che Legambiente ha inviato alle autorità competenti, vista la Conferenza dei Servizi che domani si terrà per decidere sul “progetto per la modifica dell’impianto di termovalorizzazione di pneumatici fuori uso (PFU), al fine di renderlo idoneo alla gassificazione di ASR (Autovehicle Shredded Residue) anche noto come car fluff”. Secondo l’associazione ambientalista, che si unisce alla richieste già presentate da RETUVASA e “Anagni Viva”, l’attività dello stabilimento andrebbe infatti ad aggravare il carico ambientale della Valle del Sacco, tanto più che la “sintesi non tecnica” del progetto sembra presentare delle carenze sostanziali, per cui non esistono le condizioni che garantiscono la conformità dell’impianto ai requisiti previsti nel D. Lgs. 59/2005.In particolare, non è possibile stabilire gli effetti significativi delle emissioni nel settore ambientale delle acque, né evincere se la tecnica in uso per prevenire o ridurre le emissioni in atmosfera dall'impianto sia la migliore disponibile e nemmeno infine valutare se siano previste misure per garantire la sicurezza dell’impianto e per evitare rischi di inquinamento alla cessazione dell’attività.“Non ci sono le condizioni ambientali per rilasciare l’autorizzazione richiesta dallo stabilimento Marangoni di Anagni, farlo significherebbe appesantire ulteriormente la situazione di inquinamento che grava ormai da anni sulla Valle del Sacco – dichiara Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio -. Già nel 2005 per l’area fu dichiarato lo stato di emergenza ambientale e la bonifica è ancora molto lunga e lontana dal risultato, ma a questo si deve sommare il preoccupante carico industriale già presente, che determina una pessima condizione della qualit&agra ve; delle acque ed una situazione molto preoccupante per l’inquinamento atmosferico, come confermano tutti i dati ufficiali.”Secondo Legambiente, nella sintesi si parla di “un livello di compromissione che interessa prevalentemente l’atmosfera e le acque superficiali”, ma non vengono resi noti quali siano gli effluenti che si vanno ad immettere nel corpo idrico recettore (che non viene indicato, se non nella relazione generale e si scopre essere il già noto alle cronache Rio Santa Maria, che confluisce poi nel Fiume Sacco). Tanto più che, che sulla base dei dati contenuti nel Piano di Tutela delle Acque (PTA), recentemente approvato dalla Regione Lazio, emerge una pessima qualità per le acque del Fiume Sacco che va a classificarsi come “pessimo” (classe 5) per lo stato di qualità ambientale valutato con l’indice SECA in 5 su dieci dei punti monitorati nell’area. Su un totale di 163 scarichi sul corpo idrico principale, sono 88 quelli industriali, il più alto numero per i 38 macro-bacini della Regione Lazio, con un refluo annuo di oltre 17milioni di metri cubi da scarichi industriali.Sul fronte dell’abbattimento delle emissioni gassose, non vengono mai né quantificate le emissioni stesse, né specificate le misure di abbattimento, fatto ancor più grave se si considera che in tutti gli ultimi anni la situazione dei superamenti dei limiti di legge delle polveri sottili è stata sempre molto grave nell’area. A Frosinone, nel 2007, la centralina di monitoraggio dell'ARPA Lazio ha chiuso l'anno con 137 superamenti e nel 2008 il numero è stato di 116. La situazione non sembra proprio migliorare nel 2009: dall'inizio dell'anno le PM10 hanno già superato i limiti di legge per 9 1 giorni a Frosinone, ma è la qualità dell'aria dell'intera Valle a preoccupare, visto che a Cassino (Fr) sono già stati raggiunti i 42 superamenti, ad Anagni i 40 superamenti ed a Colleferro (Rm) 44 superamenti.Per quanto riguarda infine, il tema della sicurezza dell’impianto durante l’attività ed una volta cessata, su cui non è dato compiere valutazioni, la questione è invece dirimente, visto il recente incidente riportato dalla stampa locale (marzo 2009), che portò anche ad un ordinanza del Commissario del Comune di Anagni che vietava il consumo di ortaggi e frutta coltivati nel raggio di 500 metri dall’impianto".Comunicato Stampa Legambiente Lazio
1 dicembre 2009
Inceneritore Anagni: comunicato Legambiente
"Negare il rilascio dell’autorizzazione di compatibilità ambientale, con conseguente rinnovo e modifica dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per lo stabilimento Marangoni sito ad Anagni.
E' questa la richiesta che Legambiente ha inviato alle autorità competenti, vista la Conferenza dei Servizi che domani si terrà per decidere sul “progetto per la modifica dell’impianto di termovalorizzazione di pneumatici fuori uso (PFU), al fine di renderlo idoneo alla gassificazione di ASR (Autovehicle Shredded Residue) anche noto come car fluff”. Secondo l’associazione ambientalista, che si unisce alla richieste già presentate da RETUVASA e “Anagni Viva”, l’attività dello stabilimento andrebbe infatti ad aggravare il carico ambientale della Valle del Sacco, tanto più che la “sintesi non tecnica” del progetto sembra presentare delle carenze sostanziali, per cui non esistono le condizioni che garantiscono la conformità dell’impianto ai requisiti previsti nel D. Lgs. 59/2005.In particolare, non è possibile stabilire gli effetti significativi delle emissioni nel settore ambientale delle acque, né evincere se la tecnica in uso per prevenire o ridurre le emissioni in atmosfera dall'impianto sia la migliore disponibile e nemmeno infine valutare se siano previste misure per garantire la sicurezza dell’impianto e per evitare rischi di inquinamento alla cessazione dell’attività.“Non ci sono le condizioni ambientali per rilasciare l’autorizzazione richiesta dallo stabilimento Marangoni di Anagni, farlo significherebbe appesantire ulteriormente la situazione di inquinamento che grava ormai da anni sulla Valle del Sacco – dichiara Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio -. Già nel 2005 per l’area fu dichiarato lo stato di emergenza ambientale e la bonifica è ancora molto lunga e lontana dal risultato, ma a questo si deve sommare il preoccupante carico industriale già presente, che determina una pessima condizione della qualit&agra ve; delle acque ed una situazione molto preoccupante per l’inquinamento atmosferico, come confermano tutti i dati ufficiali.”Secondo Legambiente, nella sintesi si parla di “un livello di compromissione che interessa prevalentemente l’atmosfera e le acque superficiali”, ma non vengono resi noti quali siano gli effluenti che si vanno ad immettere nel corpo idrico recettore (che non viene indicato, se non nella relazione generale e si scopre essere il già noto alle cronache Rio Santa Maria, che confluisce poi nel Fiume Sacco). Tanto più che, che sulla base dei dati contenuti nel Piano di Tutela delle Acque (PTA), recentemente approvato dalla Regione Lazio, emerge una pessima qualità per le acque del Fiume Sacco che va a classificarsi come “pessimo” (classe 5) per lo stato di qualità ambientale valutato con l’indice SECA in 5 su dieci dei punti monitorati nell’area. Su un totale di 163 scarichi sul corpo idrico principale, sono 88 quelli industriali, il più alto numero per i 38 macro-bacini della Regione Lazio, con un refluo annuo di oltre 17milioni di metri cubi da scarichi industriali.Sul fronte dell’abbattimento delle emissioni gassose, non vengono mai né quantificate le emissioni stesse, né specificate le misure di abbattimento, fatto ancor più grave se si considera che in tutti gli ultimi anni la situazione dei superamenti dei limiti di legge delle polveri sottili è stata sempre molto grave nell’area. A Frosinone, nel 2007, la centralina di monitoraggio dell'ARPA Lazio ha chiuso l'anno con 137 superamenti e nel 2008 il numero è stato di 116. La situazione non sembra proprio migliorare nel 2009: dall'inizio dell'anno le PM10 hanno già superato i limiti di legge per 9 1 giorni a Frosinone, ma è la qualità dell'aria dell'intera Valle a preoccupare, visto che a Cassino (Fr) sono già stati raggiunti i 42 superamenti, ad Anagni i 40 superamenti ed a Colleferro (Rm) 44 superamenti.Per quanto riguarda infine, il tema della sicurezza dell’impianto durante l’attività ed una volta cessata, su cui non è dato compiere valutazioni, la questione è invece dirimente, visto il recente incidente riportato dalla stampa locale (marzo 2009), che portò anche ad un ordinanza del Commissario del Comune di Anagni che vietava il consumo di ortaggi e frutta coltivati nel raggio di 500 metri dall’impianto".Comunicato Stampa Legambiente Lazio
E' questa la richiesta che Legambiente ha inviato alle autorità competenti, vista la Conferenza dei Servizi che domani si terrà per decidere sul “progetto per la modifica dell’impianto di termovalorizzazione di pneumatici fuori uso (PFU), al fine di renderlo idoneo alla gassificazione di ASR (Autovehicle Shredded Residue) anche noto come car fluff”. Secondo l’associazione ambientalista, che si unisce alla richieste già presentate da RETUVASA e “Anagni Viva”, l’attività dello stabilimento andrebbe infatti ad aggravare il carico ambientale della Valle del Sacco, tanto più che la “sintesi non tecnica” del progetto sembra presentare delle carenze sostanziali, per cui non esistono le condizioni che garantiscono la conformità dell’impianto ai requisiti previsti nel D. Lgs. 59/2005.In particolare, non è possibile stabilire gli effetti significativi delle emissioni nel settore ambientale delle acque, né evincere se la tecnica in uso per prevenire o ridurre le emissioni in atmosfera dall'impianto sia la migliore disponibile e nemmeno infine valutare se siano previste misure per garantire la sicurezza dell’impianto e per evitare rischi di inquinamento alla cessazione dell’attività.“Non ci sono le condizioni ambientali per rilasciare l’autorizzazione richiesta dallo stabilimento Marangoni di Anagni, farlo significherebbe appesantire ulteriormente la situazione di inquinamento che grava ormai da anni sulla Valle del Sacco – dichiara Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio -. Già nel 2005 per l’area fu dichiarato lo stato di emergenza ambientale e la bonifica è ancora molto lunga e lontana dal risultato, ma a questo si deve sommare il preoccupante carico industriale già presente, che determina una pessima condizione della qualit&agra ve; delle acque ed una situazione molto preoccupante per l’inquinamento atmosferico, come confermano tutti i dati ufficiali.”Secondo Legambiente, nella sintesi si parla di “un livello di compromissione che interessa prevalentemente l’atmosfera e le acque superficiali”, ma non vengono resi noti quali siano gli effluenti che si vanno ad immettere nel corpo idrico recettore (che non viene indicato, se non nella relazione generale e si scopre essere il già noto alle cronache Rio Santa Maria, che confluisce poi nel Fiume Sacco). Tanto più che, che sulla base dei dati contenuti nel Piano di Tutela delle Acque (PTA), recentemente approvato dalla Regione Lazio, emerge una pessima qualità per le acque del Fiume Sacco che va a classificarsi come “pessimo” (classe 5) per lo stato di qualità ambientale valutato con l’indice SECA in 5 su dieci dei punti monitorati nell’area. Su un totale di 163 scarichi sul corpo idrico principale, sono 88 quelli industriali, il più alto numero per i 38 macro-bacini della Regione Lazio, con un refluo annuo di oltre 17milioni di metri cubi da scarichi industriali.Sul fronte dell’abbattimento delle emissioni gassose, non vengono mai né quantificate le emissioni stesse, né specificate le misure di abbattimento, fatto ancor più grave se si considera che in tutti gli ultimi anni la situazione dei superamenti dei limiti di legge delle polveri sottili è stata sempre molto grave nell’area. A Frosinone, nel 2007, la centralina di monitoraggio dell'ARPA Lazio ha chiuso l'anno con 137 superamenti e nel 2008 il numero è stato di 116. La situazione non sembra proprio migliorare nel 2009: dall'inizio dell'anno le PM10 hanno già superato i limiti di legge per 9 1 giorni a Frosinone, ma è la qualità dell'aria dell'intera Valle a preoccupare, visto che a Cassino (Fr) sono già stati raggiunti i 42 superamenti, ad Anagni i 40 superamenti ed a Colleferro (Rm) 44 superamenti.Per quanto riguarda infine, il tema della sicurezza dell’impianto durante l’attività ed una volta cessata, su cui non è dato compiere valutazioni, la questione è invece dirimente, visto il recente incidente riportato dalla stampa locale (marzo 2009), che portò anche ad un ordinanza del Commissario del Comune di Anagni che vietava il consumo di ortaggi e frutta coltivati nel raggio di 500 metri dall’impianto".Comunicato Stampa Legambiente Lazio
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