Putroppo la situazione non è cambiata!
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Un termovalorizzatore costretto a ingoiare e bruciare di tutto. Questo è ciò che viene scoperto un paio di mesi fa dai Carabinieri del Noa a Colleferro. Ci sono arresti e c'è il sequestro degli impianti. Avvisi di garanzia, manifestazioni da parte delle varie entità locali (tra cui RETUVASA), dissenso per l'accaduto da parte dei cittadini. C'è rabbia. Ma oggi? Che si può dire a due mesi di distanza?Si può dire che il termovalorizzatore di Colleferro riaprirà a breve dopo il via libera annunciato dalla Regione. Il governatore Piero Marrazzo, convocato dalla commissione bicamerale sulle attività illecite nel ciclo rifiuti, ha dichiarato che l'impianto di Colleferro potrà riaccendere le sue macchine e sarà affiancato dal nuovo impianto di Albano, mentre la discarica di Malagrotta, a quanto dice, chiuderà i battenti non appena il Comune di Roma avrà trovato una sede alternativa. Ecco evviva. I cittadini della Valle del Sacco ora dormiranno di sicuro sonni tranquilli. Ma non può esserci un'alternativa alla riapertura? Retuvasa ( la Rete per la Tutela della Valle del Sacco) propone con un comunicato stampa e con la partecipazione alla trasmissione Ambiente Italia di Rai 3, una visione differente del ciclo rifiuti, escludendo di fatto la riapertura degli inceneritori.
La Rete per la Tutela della Valle del Sacco sancisce con questo comunicato il proprio dissenso sull’eventuale decisione di riaprire gli inceneritori di Colleferro. Chiunque, tra Comune, Regione, Provincia, prenderà questa decisione risponderà della salute dei cittadini che subiranno nel tempo a venire gli effetti dell’attività degli impianti.
La nostra posizione non è il solito “NO” senza alternative: è un “INVECE”. Le soluzioni ci sono e non sono le stesse proposte dall’Amministrazione comunale che dimostra la sua inconsistenza: difatti essa propone l’esistenza contemporanea della raccolta differenziata porta a porta (per giugno 2009), di una discarica (chiusura nel 2011), di un impianto di preselezione per CDR (combustibile da rifiuto), di un centro di riciclo della frazione secca.
Quest’ultimo è un impianto privato e quindi da non includere fra le iniziative pubbliche. La raccolta differenziata stradale, così come è stata avviata dall’Amministrazione, dimostra l’assoluta inefficacia in merito alla risoluzione del problema dei rifiuti. Sappiamo con certezza che la raccolta differenziata porta a porta spinta inneschi un ciclo virtuoso e richieda la collaborazione di tutti: istituzioni, cittadini, associazioni, scuole. E sappiamo anche che occorre un impianto di compostaggio per la parte umida del rifiuto affinché si chiuda definitivamente il ciclo dei rifiuti. Ma questo noi lo diciamo da sempre, così come diciamo che la raccolta differenziata porta a porta comporti un aumento dei posti di lavoro. In questo senso dispiace che gli ambientalisti vengano talvolta considerati come quelli che lascerebbero per strada i lavoratori. Anche noi siamo lavoriamo e condividiamo il momento critico dal punto di vista economico e occupazionale.
Se, dunque, è chiaro che la via per incrementare l’occupazione passa per le soluzioni che abbiamo indicato, perché l’Amministrazione vuole ancora gli inceneritori come prevede il Piano Urbanistico Generale Comunale? Oppure perché l’Amministrazione scarica su Regione e Provincia la competenza per la non riapertura degli impianti?
Forse non è in grado di affrontare una decisione importante quale è il diritto alla salute?
La situazione di Colleferro è un caso chiaro in cui si può applicare il cosiddetto “Principio di precauzione” sancito dalla Commissione Europea ratificando la Convenzione sulla diversità biologica di Rio de Janeiro nel 1992. Il principio di precauzione viene definito come una strategia di prevenzione del rischio nei casi in cui si evidenzino segnali di effetti negativi sull'ambiente o sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, ma i dati disponibili non consentano una valutazione completa del rischio stesso.
Aggiungiamo che l’impianto di preselezione di CDR in progettazione legittimerebbe la presenza degli inceneritori e farebbe arrivare a Colleferro rifiuti da tutto il Lazio e da altrove, come in precedenza ma con l’aggravante della combustione dei rifiuti prima conferiti in discarica.
Vogliamo veramente questo? Vogliamo che Colleferro continui ad essere “La Città del Rifiuto”? Noi sicuramente no ed è per questo che chiediamo ai cittadini di pronunciarsi più esplicitamente, interagendo con le associazioni e, nel caso non ripongano fiducia in noi, di farlo direttamente con l’Amministrazione e con le istituzioni. Chiediamo questo perché così ognuno di noi un domani, di fronte ai propri figli, possa dare una risposta a domande sulle nostre attuali responsabilità, che sicuramente verranno poste. Ribadiamo la nostra piena disponibilità a descrivere in modo più approfondito il ciclo dei rifiuti a chiunque voglia saperne di più. Per concludere affermiamo che “definire termovalorizzatore un inceneritore è come definire idrovalorizzatore lo sciacquone di un cesso”.
Marianna Lozzi
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