Questa attenzione si è risolta in un supporto “emotivo” essenziale per le Associazioni ed i Comitati che per molti mesi si sono battuti contro il nuovo inceneritore, ed ha consentito loro di vantare davanti a tutti gli enti pubblici interessati la forza necessaria per imporre la volontà della comunità, per convincere gli scettici, e per pretendere il rispetto del patto che attraverso le elezioni lega gli amministratori eletti alla popolazione elettrice.
La politica ha risposto assumendosi le proprie responsabilità e va dato atto all'Assessore provinciale De Angelis dell'impegno con cui riveste l'incarico di Assessore all'Ambiente e perché ha saputo interpretare con grande sensibilità le aspettative della popolazione e la determinazione delle Associazioni, esponendosi in prima persona e dimostrando un coraggio “politico” di certo non comune. Il Sindaco Noto ha svolto con determinazione il proprio ruolo di autorità sanitaria locale, evidenziando come il nostro territorio non solo non può permettersi nuove emissioni inquinanti, ma necessita di una rigorosa azione di ripristino delle condizioni di salubrità dell’ambiente, che passa anche attraverso l’individuazione dei responsabili della contaminazione da diossina rinvenuta in località “quattro strade”.
Oggi, quindi, abbiamo la riprova che quando gli amministratori restano a contatto con la popolazione, si può dare vita ad un movimento civile che è capace di modificare situazioni che sembrano segnate e scontate, e che è in grado di contrapporsi ad interessi fortissimi che discendono spesso da accordi presi nelle stanze dei Ministeri, lontano dal territorio, e piombano dall'alto senza prestare attenzione alle necessità della popolazione residente.
Anche per questo l'azione delle Associazioni e dei Comitati è stata e continuerà ad essere insostituibile, sostenuta anche dalle Associazioni di categoria degli agricoltori, dai sindaci dei paesi del territorio, dal contributo generoso ed efficace del consigliere regionale Anna Maria Tedeschi e del suo collega Peduzzi. Naturalmente, però, quest'azione non si è potuta fermare alla straordinaria raccolta delle firme, all'organizzazione dei convegni, alla mobilitazione della collettività mediante cortei ed assemblee, alla distribuzione di volantini, alla sensibilizzazione politica, ma ha dovuto attrezzarsi anche nell'affrontare la questione dal punto di vista tecnico e giuridico, per far valere la propria voce all'interno del procedimento che si è concluso con il diniego all'autorizzazione in favore del progetto Marangoni.
In questa ottica è stato prezioso il supporto di consulenti di primario livello nazionale, ma -forse ancora di più- quello di molte professionalità ed intelligenze locali, che si sono impegnate senza riserve, hanno approfondito, studiato, ed hanno permesso di elaborare quelle osservazioni e quelle diffide che sono state portate all'interno della conferenza dei servizi, e che sono riuscite a condizionarne l'esito.
Dal punto di vista legale, forse la soddisfazione maggiore è stata nell'ascoltare le conclusioni dell'Area “Valutazione d'impatto ambientale” della Regione, che ha espresso giudizio negativo all'impianto riprendendo quasi letteralmente le nostre osservazioni, incentrate su tre profili essenziali: primo, la collocazione dell'impianto all'interno di un centro abitato, in contrasto con ogni legge e regolamento, ed in particolare con il Piano regionale di gestione dei rifiuti di cui il Lazio è dotato; secondo, le lacune “strutturali” del progetto proposto, che dopo mesi di istruttoria ed integrazioni di oltre 800 pagine (che siamo stati costretti a valutare in soli 5 giorni), non hanno eliminato i molti dubbi sulla sicurezza per i lavoratori e per i residenti, in termini di emissioni inquinanti, di gestione delle ceneri (rifiuti molto pericolosi), di impatto sulla falda acquifera, di sufficienza delle misure per la gestione di eventuali emergenze; terzo, la situazione di emergenza sanitaria che purtroppo riguarda il territorio di Anagni, in particolare a ridosso dell'impianto, circostanza che impone a norma di legge l'applicazione di principi di massima cautela, prevenzione e precauzione.
Per concludere, ci preme evidenziare che sullo sfondo, ancora intatto, resta il problema della bonifica dell'area contaminata dalla diossina, un problema che impone alla popolazione di Anagni di continuare a battersi per la tutela del proprio territorio, affinchè il responsabile della contaminazione venga individuato e venga indotto a bonificare, sulla base del principio sancito dal Codice dell'Ambiente, per cui “chi inquina paga”.
Le Associazioni saranno attente e ben disponibili ad offrire il loro contributo, come si conviene ad ogni collettività matura e consapevole che il buon governo del territorio richiede l'impegno di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità, civili ed istituzionali.
Valle del Sacco, 15 Giugno 2010
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